Si compone in quattro tempi l’affascinante groviglio di enigmi poetici della bravissima poetessa romana Edith Dzieduszycka. Sono i tempi dell’essere e del non-essere, delle aspettative e delle rinunce, della ragione e dell’inconscio, dell’attesa paziente e della rinuncia, in un barbaglio continuo in contrapposizione di luci ed ombre, un gioco di ossimori e di armonie, negli accostamenti scontati ed imprevisti, che da sempre la Poetessa sa mettere insieme in composizioni letterarie ricche di appigli esteriori e di rimandi profondi, nei suoi palinsesti rigorosamente perfetti, in forme e in misure sempre incisive quanto sobrie ed efficaci.
Nel timbro a martello delle rime, ricostruite con grazia sospesa in una sfumatura di intonazioni che vanno dalla commedia al dramma, Killander Cariboni ricostruisce per quadri e vicende esemplari alcuni accadimenti comuni della vita, come la cresima o la laurea, ma anche i tic e gli aspetti caratteriali delle persone, come la compulsione agli acquisti oppure l’avarizia, le attese e le delusioni testamentarie, la confusione casalinga degli alloggi medio borghesi che sembrano dei suk arabi, il tutto sempre presentato all’interno di un cantar per le rime che diviene davvero una risonanza vintage di desinenze canterine a cui non si era forse più abituati, ma che sorprende e affascina il lettore come un’illustrazione in sapiente falsetto del come eravamo.
Il nuovo libro di Poesia di Giorgio Colombo, Vorrei un tempo nuovo, possiede una variegata linea di sviluppo che collega insieme i diversi temi, gli spunti e le riflessioni uniti coerentemente da una marcata inflessione lirica, che non viene mai disattesa neppure lungo i viaggi della mente, per luoghi e per tempi carichi di storia umana, in violenti sovvertimenti o in reiterati patimenti inflitti dai vincitori ai vinti, avviati a patire tormenti indicibili. Dal carcere Marmentino di Roma Imperiale che domina il mondo ai drammi della recente invasione russa dell’Ucraina alla tracotanza bellica del coreano Kim Jong-un, si susseguono temi sulla pandemia, sui disastri ambientali, ma anche voci di amore, di speranza, di incanto della natura. Giorgio Colombo dimostra che nella varietà dei lampi di luce, alternati ai momenti oscuri, la sua sperimentata lirica negli anni e nel rosario di opere già pubblicate è divenuta sempre più efficace, sicura, ricca di incanti sonori e di dolci attrattive di bellezza e di speranza.
Fiorenza Finelli dimostra una sviluppata versatilità nella composizione poetica, esercitata dalla costanza delle occasioni di pubblico confronto con le selezioni critiche delle giurie concorsuali, ove ha sempre ottenuto lusinghieri risultati. La sua raccolta inedita Nei pelaghi del cielo si presenta come una serie di liriche d’amore il cui tono è in mutazione di sviluppo nel corso della silloge, come a significare che tutto il libro assume una sostanziale unità organica e descrive la vicenda di un amore che ha tradito la promessa del “per sempre” e si è arenato e dissolto come l’onda del mare sul bagnasciuga. Il mare è il secondo protagonista, dopo l’eros, dell’opera poetica di Fiorenza Finelli: i giorni assolati e le placide marine dei bei ricordi, verranno sostituite dal mugghiare di un mare tempestoso, oscuro e nebbioso. Fino aleggia nei versi un conclusivo timor mortis che contraddice in pieno il ricordo delle passate dolcezze e dei sogni, cui poi hanno fatto seguito l’angustia dell’abbandono e il dolore dell’assenza. Ma lo splendido mare di Tellaro, il piccolo borgo marinaro arroccato su una punta del golfo della Spezia, è destinato a curare les chagrins d’amour che attanagliano la Poetessa. Poesia scritta con mano sicura, per versi liberi e brevi, capaci di incidere con forza visiva le immagini dei luoghi e le emozioni dei sentimenti a riprova della perizia letteraria raggiunta dall’Autrice.
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